Nella mia esperienza professionale ho riscontrato che uno degli argomenti di maggiore difficoltà è quello dell’obbligatorietà delle analisi delle acque.
Mi è stato sovente posto il quesito “ma queste analisi sono obbligatorie?”… io ho sempre risposto con un “NI”, ben conoscendo la normativa vigente dal lontano 2001 e gli obblighi ricadenti in capo all’Amministratore di Condominio.
Molti colleghi spesso mi rappresentano le difficoltà che incontrano nello spiegare ai condomini che tali analisi sono importantissime, e che se l’Amministratore le dispone è proprio per tutelare la salute degli abitanti del fabbricato.
Con questo articolo cercherò di chiarire in maniera definitiva la questione.
Partiamo dalla disamina della normativa vigente in Italia.
Le norme fondamenti sono contenute:
1) nel D. Lgs. 31/2001 (adottato in attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano);
2) nel successivo D. Lgs. 27/2002, che parzialmente ha modificato quello del 2001;
3) nella Direttiva Unione Europea n. 2015/1787/UE in materia di controlli e analisi delle acque potabili, che è stata recepita con D.M. 14 giugno 2017.
Ulteriore supporto lo si può rinvenire nelle linee-guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi del 7 maggio 2015 della Conferenza Stato Regioni, ove è prescritto che “nelle strutture abitative condominiali con impianto idro-sanitario centralizzato, l’amministratore di condominio è tenuto ad informare e sensibilizzare i singoli condomini sulla opportunità di adottare le misure di controllo”.
In tale documento è inoltre contenuto il “Protocollo di controllo del rischio legionellosi”, che prevede la “valutazione del rischio” che l’amministratore è tenuto a compilare. Il protocollo va anche aggiornato quando ci sono manutenzioni o interventi sull’impianto idraulico centralizzato e quando dalle verifiche microbiologiche emergano dati anomali sulla presenza di legionella.
Inoltre è previsto che l’amministratore abbia uno schema dettagliato della rete idrica condominiale per intervenire tempestivamente.
Di notevole rilevanza, per noi amministratori napoletani, è la delibera della Giunta Comunale n. 877 del 04.08.2011 che stabilisce:
- “è fatto obbligo agli amministratori di condominio di garantire il mantenimento dei requisiti di qualità dell’acqua, assicurando che i valori di parametro fissati nell’allegato I del D. Lgs. 31/2001, rispettati nel punto di consegna, cioè al contatore, siano mantenuti nel punto in cui l’acqua fuoriesce da rubinetto, cioè al punto di utilizzo;
- a tal fine è fatto obbligo agli amministratori di condominio di utilizzare, ai fini delle necessarie verifiche e certificazioni, esclusivamente laboratori di analisi dotati di sistema di qualità certificato, in conformità alla norma UNI EN ISO 17025:2005”.
Vanno in direzione completamente opposta i seguenti provvedimenti:
1) il parere del Ministero della Salute del 10.06.2004, che prevede: “per quanto concerne gli edifici ad uso esclusivamente abitativo, l’amministratore del Condominio ovvero, in assenza di questo, i proprietari, NON hanno l’obbligo di effettuare le attività e i controlli previsti dagli art. 7 e 8 del D. Lgs. 31/2001, bensì quello derivante dall’attività di controllo dello stato di adeguatezza e di manutenzione dell’impianto. Pertanto, qualora si verificassero situazioni critiche agli impianti o inconvenienti igienici nella distribuzione d’acqua, i predetti potranno rivolgersi all’azienda ASL per effettuare un controllo analitico ed eventualmente, in funzione di particolari problematiche sollevate, attuare quanto indicato dal comma 3 dell’art. 5 del D.Lgs. 31/2001“.
2) la circolare n. 10774 del 16.12.2003 della ASL Lombardia, secondo la quale i controlli dell’acqua spettano al gestore dell’acquedotto e non al Condominio.
Riferimenti giurisprudenziali di notevole interesse sono:
– sentenza n. 8103/2004 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che ha stabilito che il contratto di fornitura di acqua è un negozio di erogazione dell’acqua potabile, un contratto di somministrazione di natura privata pur avendo ad oggetto l’esercizio di un servizio pubblico.
– sentenza n. 9133/2018 della Corte di Cassazione – IV sezione penale che, nella motivazione, ha stabilito che “il gestore del servizio idrico integrato è titolare di una posizione di garanzia in quanto deve assicurare, in base dell’art. 4 del D. Lgs. 31/2001, la salubrità e la pulizia delle acque destinate al consumo umano”.
Tanto premesso, segnalo (ove mai ce ne fosse la necessità) che l’acqua viene distribuita dal gestore del servizio idrico, cioè colui che fornisce acqua a terzi attraverso impianti idrici autonomi o cisterne, fisse o mobili. Ma l’acqua arriva all’interno degli appartamenti in due modi:
1) sulla base di fornitura diretta, cioè a seguito della sottoscrizione di un contratto tra il fornitore del servizio idrico e l’utente;
2) sulla base di una fornitura “indiretta”, vale a dire quando è presente un contatore comune generale, a cui sono collegati tutti i condomini. In tale ultimo caso dovrebbero essere presenti, all’interno di ogni singolo appartamento, anche i cd. sottocontatori, vale a dire dispositivi che rilevano il consumo dell’acqua. La lettura di questi apparecchi viene solitamente affidata a ditta terza specializzata, che con cadenza trimestrale si reca presso il fabbricato e procede alla lettura del contatore generale e dei singoli sottocontatori, e successivamente invia i conteggi e le ricevute all’Amministratore, che le porrà in riscossione per poi pagare la bolletta dell’acqua fatta pervenire dal fornitore del servizio.
La differenza tra i due tipi di fornitura è molto importante in tema di analisi acque. Di fatti, nel caso di fornitura diretta, il fornitore del servizio idrico è proprietario delle condutture sino al punto di consegna (contatore – che tra l’altro è di proprietà della società di fornitura del servizio – e che solitamente si trova all’interno degli appartamenti). Dal contatore sino al rubinetto l’impianto è di pertinenza del proprietario dell’immobile, e quindi è privato.
Nel caso di fornitura “indiretta”, invece:
- il fornitore del servizio idrico è proprietario dell’impianto sino al contatore generale;
- dal contatore generale fino al punto di diramazione ai locali di proprietà privata l’impianto è di pertinenza condominiale;
- dalla diramazione al rubinetto, invece, l’impianto è privato.
In tale caso, quindi, l’acqua raggiunge i singoli appartamenti transitando in tubature che sono parti comuni ex art. 1117 c.c. Ricordo, inoltre, che è onere dell’Amministratore, ai sensi dell’art. 1130 c.c. , garantire “la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini”.
In relazione al D. Lgs. 31/2001, è importante leggere attentamente una serie di articoli, e cioè:
- l’art. 2, punto 1, sub a), che definisce le acque destinate al consumo umano: “le acque trattate o non trattate, destinate ad uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori”.
- l’ art. 2, punto 2, lett. b), che definisce l’impianto di distribuzione domestico: “le conduttore, i raccordi, le apparecchiature installati tra i rubinetti normalmente utilizzati per l’erogazione dell’acqua destinata al consumo umano e la rete di distribuzione esterna. La delimitazione tra impianto di distribuzione domestico e rete di distribuzione esterna, di seguito denominata punto di consegna, e’ costituita dal contatore, salva diversa indicazione del contratto di somministrazione” (che, come sopra già specificato, è un contratto di somministrazione di natura privata pur avendo ad oggetto l’esercizio di un servizio pubblico – rif. Cass. SU. n.8103/2004).
- L’art. 3, che specifica che “la presente normativa non si applica: a) alle acque minerali naturali e medicinali riconosciute; b) alle acque destinate esclusivamente a quegli usi per i quali la qualita’ delle stesse non ha ripercussioni, dirette od indirette, sulla salute dei consumatori interessati, individuate con decreto del Ministro della sanita’, di concerto i Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato, dell’ambiente, dei lavori pubblici e delle politiche agricole e forestali”.
- L’art. 4, che stabilisce che “le acque destinate al consumo umano devono essere salubri e pulite. Al fine di cui al comma 1, le acque destinate al consumo umano:
a) non devono contenere microrganismi e parassiti, ne’ altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana;
b) fatto salvo quanto previsto dagli articoli 13 e 16, devono soddisfare i requisiti minimi di cui alle parti A e B dell’allegato I; c) devono essere conformi a quanto previsto nei provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 14, comma 1”. (…) - L’art. 5, che prevede che “i valori di parametro fissati nell’allegato I devono essere rispettati nei seguenti punti: a) per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione, nel punto in cui queste fuoriescono dai rubinetti utilizzati per il consumo umano; b) per le acque fornite da una cisterna, nel punto in cui fuoriescono dalla cisterna; c) per le acque confezionate in bottiglie o contenitori, rese disponibili per il consumo umano, nel punto in cui sono imbottigliate o introdotte nei contenitori; d) per le acque utilizzate nelle imprese alimentari, nel punto in cui sono utilizzate nell’impresa. Nell’ipotesi di cui al comma 1, lettera a), il gestore si considera aver adempiuto agli obblighi di cui al presente decreto quando i valori di parametro fissati nell’allegato I sono rispettati nel punto di consegna, indicato all’articolo 2, comma 1, lettera b). Per gli edifici e le strutture in cui l’acqua e’ fornita al pubblico, il titolare ed il gestore dell’edificio o della struttura devono assicurare che i valori di parametro fissati nell’allegato 1, rispettati nel punto di consegna, siano mantenuti nel punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto. Qualora sussista il rischio che le acque di cui al comma 1, lettera a), pur essendo nel punto di consegna rispondenti ai valori di parametro fissati nell’allegato 1, non siano conformi a tali valori al rubinetto, le aziende unita’ sanitarie locali, anche in collaborazione l’autorità d’ambito e con il gestore, dispongono che: a) siano prese misure appropriate per eliminare il rischio che le acque non rispettino i valori di parametro dopo la fornitura; b) i consumatori interessati siano debitamente informati e consigliati sugli eventuali provvedimenti e sui comportamenti da adottare”.
Tale articolo stabilisce che per gli edifici e le strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico (come i condomini), il gestore (cioè chi somministra l’acqua) deve verificare la salubrità dell’acqua sino al punto di consegna (ossia il contatore). L’amministratore (titolare della gestione dell’edificio secondo quanto previsto della legge) dovrebbe invece verificare la sussistenza dei valori di legge dal punto di consegna sino al punto di diramazione ai locali di proprietà privata.
- L’art. 6 dispone che “i controlli interni ed esterni di cui agli articoli 7 e 8 intesi a garantire che le acque destinate al consumo umano soddisfino, nei punti indicati nell’articolo 5, comma 1, i requisiti del presente decreto, devono essere effettuati:
a) ai punti di prelievo delle acque superficiali e sotterranee da destinare al consumo umano;
b) agli impianti di adduzione, di accumulo e di potabilizzazione;
c) alle reti di distribuzione;
d) agli impianti di confezionamento di acqua in bottiglia o in contenitori;
e) sulle acque confezionate;
f) sulle acque utilizzate nelle imprese alimentari;
g) sulle acque fornite mediante cisterna, fissa o mobile.
Per le acque destinate al consumo umano fornite mediante cisterna i controlli di cui al comma 1 devono essere estesi anche all’idoneità del mezzo di trasporto”. (…) - L’art. 7 tratta dei controlli interni: “sono controlli interni i controlli effettuati dal gestore del servizio idrico integrato per la verifica della qualità dell’acqua destinata al consumo umano. I punti di prelievo dei controlli interni possono essere concordati con l’azienda unita’ sanità locale.
Per l’effettuazione dei controlli il gestore del servizio idrico integrato si avvale di laboratori di analisi interni, ovvero stipula apposita convenzione con altri gestori di servizi idrici.
I risultati dei controlli devono essere conservati per un periodo di almeno cinque anni per l’eventuale consultazione da parte dell’amministrazione che effettua i controlli esterni”. (…) - L’art. 8 tratta dei controlli esterni: “i controlli esterni sono quelli svolti dall’azienda unità locale territorialmente competente, per verificare che le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti del presente decreto, sulla base di programmi elaborati secondo i criteri generali dettati dalle regioni in ordine all’ispezione degli impianti, alla fissazione dei punti di prelievo dei campioni da analizzare, anche un riferimento agli impianti di distribuzione domestici, e alle frequenze dei campionamenti, intesi a garantire la significativa rappresentatività della qualità delle acque distribuite durante l’anno, nel rispetto di quanto stabilito dall’allegato II.
Per quanto concerne i controlli di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a) l’azienda unità sanitaria locale tiene conto dei risultati del rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici effettuato nell’ambito dei piani di tutela – delle acque di cui all’articolo 43 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modificazioni, e, in particolare per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, dei risultati della classificazione e del monitoraggio effettuati secondo le modalità previste nell’allegato 2, sezione A, del citato decreto legislativo n. 152 del 1999. L’azienda unità sanitaria locale assicura una ricerca supplementare, caso per caso, delle sostanze e dei microrganismi per i quali non sono stati fissati valori di parametro a norma dell’allegato I, qualora vi sia motivo di sospettarne la presenza in quantità o concentrazioni tali di rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana. La ricerca dei parametri supplementari e’ effettuata con metodiche predisposte dall’Istituto superiore di sanità”.
Il D. Lgs. 31/2001 non prevede, quindi, alcun obbligo formale a carico degli amministratori di condominio di effettuare i cd. controlli interni di qualità; tuttavia ricade sugli stessi la responsabilità, ex art. 2051 c.c. (beni in custodia), di garantire l’adeguatezza e la manutenzione dell’impianto idrico.
La cd. “diligenza del buon padre di famiglia” (art. 1710 c.c.) impone all’Amministratore di verificare periodicamente lo stato dell’impianto, la sua eventuale usura nonché i materiali utilizzati per la realizzazione delle tubature che, col tempo, potrebbero esporre gli utenti a rischi per la propria salute.
I condomini hanno l’obbligo di segnalare eventuali problemi all’impianto idrico all’amministratore; qualora questo sia a conoscenza del cattivo stato dell’impianto (perdite, cattivi odori, etc.), sarà obbligato ad adottare gli adeguati provvedimenti. In caso contrario, può essere soggetto alle sanzioni previste dall’art. 19 del D. Lgs n. 31/2001, cioè:
da euro 10.329,00 a euro 61.974,00 per chi fornisca acqua che contenga microrganismi, parassiti o altre sostanze in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana (comma 1);
da euro 5.164,00 a euro 30.987,00 quando i valori di parametri fissati dalla legge, rispettati nel punto di consegna, non siano mantenuti nel punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto (comma 2).
Soprattutto nel caso di fornitura idrica “indiretta”, l’amministratore è responsabile per il tratto di tubature che parte dal contatore generale ed arriva alle diramazioni delle singole unità immobiliari, in quanto la parte successiva dell’impianto è di proprietà esclusiva del proprietario dell’immobile.
Qualora emerga che le caratteristiche dell’acqua, dal contatore (punto di consegna) alla diramazione, risultino alterate a causa della vetustà o di altre cause legate alle condutture, l’amministratore ha l’obbligo di intervenire per eliminare le cause della insalubrità dell’acqua, e ciò anche senza il preventivo assenso dell’Assemblea, considerata l’urgenza di salvaguardare la salute dei condomini, garantita dall’ art. 32 della Costituzione. In difetto, è passibile delle suddette sanzioni previste dal sopracitato art. 19 del D. Lgs. 31/2001.
Bisogna comunque considerare che il controllo periodico dell’impianto idrico non è un’operazione di semplice attuazione (tenuto conto dei notevoli costi che il Condominio dovrebbe sopportare). La qualità dell’acqua o la presenza di eventuali batteri patogeni può essere valutata attraverso analisi di laboratorio in grado di esaminare diversi parametri chimici e microbiologici.
In conclusione: in capo all’Amministratore si configura la responsabilità di garantire che i requisiti di potabilità dell’acqua non vengano alterati per cause imputabili all’impianto idrico del fabbricato. L’Amministratore deve quindi verificare periodicamente lo stato dell’impianto o, in alternativa, può proporre all’Assemblea condominiale di affidare a laboratorio specializzato l’esecuzione di dettagliate analisi sulle acque che transitano all’interno delle condutture di proprietà comune.