Capita sovente che, quando viene nominato un nuovo Amministratore, l’Assemblea decida di procedere ad un “restyling” completo dei fornitori del Condominio. Tra questi, ovviamente, c’è anche il manutentore dell’impianto ascensore del fabbricato.
Il D.P.R. n. 162/99 ha recepito le direttive comunitarie volte ad armonizzare il mercato europeo in materia di produzione, messa in esercizio e funzionamento degli impianti montacarichi e di ascensore. L’art. 15 del suddetto D.P.R. stabilisce che “ai fini della conservazione dell’impianto e del suo normale funzionamento, il proprietario o il suo legale rappresentante sono tenuti ad affidare la manutenzione di tutto il sistema dell’ascensore o del montacarichi a persona munita di certificato di abilitazione o a ditta specializzata ovvero a un operatore comunitario dotato di specializzazione equivalente che debbono provvedere a mezzo di personale abilitato”. Per adempiere a tale obbligo di legge, quindi, i proprietari degli impianti e gli amministratori devono affidare la manutenzione dell’impianto ad un’impresa abilitata, ed il relativo contratto può avere durata annuale o pluriennale.
A tal fine è opportuno che il nuovo Amministratore, successivamente alla propria nomina, trasmetta una mail o PEC al fornitore per comunicare il cambio di amministratore e per chiedere, nel contempo, l’invio di tutta la documentazione relativa all’impianto (contratto, verbali delle verifiche biennali, ecc).
Qualora si ritenga necessario procedere alla disdetta del contratto, dopo aver preso visione delle clausole contrattuali, ed ottenuto parere favorevole alla conclusione del rapporto da parte dell’Assemblea condominiale (o, in alternativa, in via informale dai condomini, che poi ratificheranno la disdetta alla prima riunione condominiale utile) l’Amministratore potrà comunicare al fornitore la disdetta del contratto, senza indicare alcuna motivazione specifica. Ma qual è il termine corretto per inviare la disdetta?
In proposito occorre evidenziare che il Condominio, alla luce della riforma del 2012, non è qualificato come persona giuridica o come soggetto di diritto, ma è un mero ente gestorio privo di autonoma soggettività giuridica, ulteriore e diversa da quella dei singoli condomini. Pertanto i contratti stipulati dal Condominio, per il tramite dell’amministratore, sono imputabili ai singoli condomini.
La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza emessa il 2 aprile 2020 nella causa C-329/2019, ha confermato, sul presupposto che per l’ordinamento italiano il Condominio non é una persona fisica né una persona giuridica, che le norme a tutela dei consumatori contenute nella direttiva 93/13/Cee sono applicabili anche ad un contratto concluso da un soggetto giuridico quale il Condominio, benché lo stesso non rientri nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva non essendo una persona fisica. Le conseguenze applicative dell’equiparazione del Condominio al consumatore sono numerose ed importanti, dall’individuazione del giudice territorialmente competente per le cause che lo coinvolgono all’applicazione delle ulteriori forme di tutela previste dal Codice del consumo di cui al D. lgs. 206/2005.
Ciò posto, al Condominio può essere applicato il cd. Codice del Consumo, emanato con il Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
Sia la dottrina (cfr. Savasta, Il condominio inteso come consumatore nuovi scenari di tutela e difficoltà applicative, in Il Merito – IL SOLE 24h n. 6 del giugno 2005) che la giurisprudenza (vedi Cass. 24 luglio 2001 n. 10086) hanno sposato tale tesi. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (conosciuta anche come Antitrust o AGCM), in ciascuno dei provvedimenti emessi al termine di tutti i procedimenti avviati contro imprese ascensoriste, scrive: “il Condominio (…) è riconducibile nella definizione di “consumatore” di cui all’articolo 3 del Codice del Consumo, con conseguente applicabilità della disciplina sulle clausole vessatorie (artt.1469 bis e seguenti del Codice civile, poi trasfusi negli articoli 33 e seguenti del Codice del Consumo)” (AGCM – Provvedimento n. 24542 in Bollettino ufficiale del 4 novembre 2013).
L’art. 37bis del suddetto Codice stabilisce che è vessatoria la clausola che, nonostante la buona fede del professionista, determina, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Dopo questa breve parentesi per meglio inquadrare la questione, torniamo al problema iniziale. In che termini può essere inviata la disdetta?
Se il contratto prevede un termine di 30/60 giorni di preavviso, nessun problema. Ma se il contratto, al contrario, dovesse prevedere un termine più lungo? In tal caso, la clausola che prevede un largo anticipo rispetto alla conclusione del contratto per poter esercitare il diritto di recesso è da ritenersi vessatoria, ossia imposta a favore di una sola parte (nel caso in argomento, le imprese ascensoriste) ed in danno del Condominio.
L’AGCM, con provvedimento n. 23788 dell’8 agosto 2012, pubblicato nel Bollettino n. 34 del 10 settembre 2012, ha approvato il “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie”, che comprende anche 2 formulari, allegati allo stesso provvedimento.
All’Autorità sono state così attribuite nuove competenze in materia di clausole vessatorie, quelle clausole cioè che solitamente vengono inserite nelle condizioni generali di contratto o di moduli, modelli e formulari predisposti dalle imprese per essere utilizzati nei rapporti con i consumatori.
L’AGCM ha quindi rilevato la vessatorietà di simili clausole contenute in diversi modelli di contratto predisposti da installatori e manutentori di impianti ascensore. I provvedimenti sono contenuti nel bollettino n. 43 pubblicato sul sito dell’Autorità il 4 novembre 2013. Inoltre l’AGCM ha spesso richiamato un modello contrattuale della Camera di Commercio di Roma “la quale ha elaborato e pubblicato sul proprio sito istituzionale un contratto-tipo per l’erogazione di servizi di manutenzione degli ascensori (“Contratto di manutenzione ordinaria impianto ascensore di proprietà condominiale”) in cui, in relazione alla clausola sul rinnovo tacito, è stato indicato il termine di trenta giorni come congruo per la disdetta, assumendo che termini superiori possano essere in contrasto con l’art. 33, comma 2, lettera i), del Codice del Consumo”.
Il suddetto Regolamento stabilisce che l’AGCM può accertare la vessatorietà delle clausole attivandosi d’ufficio o su segnalazione, oppure può pronunciarsi sull’interpello proposto dall’impresa interessata.
La segnalazione può essere presentata in formato cartaceo o elettronico (webform o PEC), da parte di ogni soggetto ed organizzazione che ne abbia interesse. Anche le Camere di Commercio o, più in generale, il cd. “sistema camerale”, possono presentare delle segnalazioni.
Nel momento in cui si avvia un’istruttoria, inoltre, è prevista una consultazione obbligatoria online, tramite il sito dell’Autorità stessa, a cui possono partecipare il sistema camerale, le associazioni delle imprese rappresentative a livello nazionale e le associazioni dei consumatori facenti parte del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti.
L’interpello può essere richiesto dalle imprese – tramite apposito formulario – per accertare in via preventiva se le clausole che esse intendono utilizzare nei contratti con i consumatori siano vessatorie. L’Autorità avrà a disposizione 120 giorni di tempo – salvo interruzione del termine – per stabilire l’eventuale inesattezza, incompletezza o non veridicità delle informazioni fornite. A tal fine, l’Autorità può consultare le autorità di regolazione o vigilanza dei settori in cui i professionisti interessati operano, nonché il sistema camerale.
Segnalo, inoltre, che l’AGCM pubblica sul proprio sito i provvedimenti ed estratti relativi alle clausole vessatorie contenute nei contratti proposti da aziende operanti nella fornitura e manutenzione degli ascensori a condomini e singoli consumatori.
Di seguito l’elenco delle clausole oggetto dei provvedimenti dichiarate vessatorie:
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clausole che impongono penali eccessive in caso di recesso: alcune prevedono l’intero pagamento dei canoni stabiliti per tutta la durata del contratto in alcuni casi fino a cinque anni;
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clausole che impongono un termine eccessivamente lungo di preavviso per la disdetta dei contratti: in alcuni casi fissato in sei mesi prima della scadenza naturale, anche per i contratti della durata di un anno;
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clausole che escludono o limitano i risarcimenti in caso di sinistri causati dal malfunzionamento dell’ascensore o dal ritardo nella consegna di prodotti e nel loro montaggio;
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clausole che riducono da due anni a dodici mesi la garanzia legale di conformità;
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clausole relative all’indicazione non corretta del foro competente in caso di controversie identificato in quello della sede dell’azienda.
Grazie all’intervento dell’Autorità, attivato attraverso il procedimento di consultazione pubblica ex art. 37bis del Codice del Consumo, tali clausole sono state dichiarate vessatorie e le società oggetto del provvedimento sono state invitate a modificarle ed a pubblicare l’estratto del provvedimento sui propri siti web o su quotidiani a diffusione locale, con avviso di possibili irrogazioni di sanzioni in caso di inottemperanza.
Evidenzio, infine, che le clausole dichiarate vessatorie ai sensi dell’art. 33 del Codice del Consumo sono nulle e quindi perdono efficacia, mentre il contratto rimane valido nella restante parte.