Il cosiddetto “decreto fare” (d.l. n. 69 del 2013, convertito dalla l. n. 98 del 2013), intervenendo sul decreto legislativo n. 28 del 2010 in tema di conciliazione, ha reintrodotto in via sperimentale per quattro anni, a partire dal 21 settembre 2013, per alcuni tipi di liti, tra le quali quelle in materia di condominio e locazione (con esclusione dei procedimenti per convalida di licenza o sfratto fino al mutamento del rito), la mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
E’ stato reintrodotto nel nostro ordinamento quel procedimento che, dopo l’intervento della Corte Costituzionale, era sopravvissuto solo nella parte in cui disciplinava la conciliazione facoltativa.
Anche la L. 220/2012 ha introdotto importanti novità relativamente alla mediazione in Condominio.
L’art. 71-quater disp. att. c.c. disciplina il procedimento di mediazione per le controversie in materia di condominio.
Il primo comma del suddetto articolo ha una finalità chiarificatrice: spiega cosa debba intendersi per “controversie in materia di condominio”: quelle derivanti dalla violazione o dalla errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, c.c. e degli articoli da 61 a 72, disp. att. c.c.
Si tratta, quindi, di tutte le controversie relative sia agli artt. da 1117 a 1139 del codice civile, sia alle previsioni in tema di condominio disciplinate nelle disposizioni di attuazione del codice stesso.
Il secondo comma disciplina il procedimento: “la domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato”. E’ quindi sancita una competenza territoriale.
Il terzo comma stabilisce che “al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice”. Il quorum deliberativo costituito, sia in prima sia in seconda convocazione, deve essere costituito da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio (fermo il quorum costitutivo formato da tanti condòmini che rappresentino: in prima convocazione, la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio; in seconda convocazione, un terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio).
I commi successivi recitano: “Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.
La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata.
Il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare”.
Precisiamo che, all’atto della presentazione dell’istanza di mediazione, il responsabile dell’organismo dovrà attivarsi per designare un mediatore e fissare il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. Durante tutto il procedimento di mediazione, le parti devono farsi assistere obbligatoriamente da un avvocato.
Durante il primo incontro al mediatore spetterà chiarire la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, dovrà poi invitare le parti e i loro avvocati ad esprimersi sulla possibilità di dare avvio alla mediazione e, in caso di esito positivo, procederà con lo svolgimento. Al contrario, in caso di esito negativo, il procedimento si riterrà concluso: la condizione di procedibilità si considererà comunque avvenuta; si potrà quindi adire l’autorità giudiziaria e nessun compenso sarà dovuto all’organismo di conciliazione.
Nell’ipotesi in cui la mediazione prosegua e l’accordo sia raggiunto, il mediatore formerà processo verbale al quale allegherà il testo dell’accordo medesimo (che, ove sottoscritto anche dagli avvocati delle parti, costituirà “titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale”). In caso invece non si arrivi ad alcun accordo, allora il mediatore potrà formulare una proposta di conciliazione (facoltà che diventa un obbligo se le parti gliene faranno concorde richiesta). A questo punto, le parti, entro sette giorni, dovranno comunicare, per iscritto, la loro accettazione o meno. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si darà per rifiutata.
L’amministratore non può assumere alcuna determinazione in ordine alla controversia da mediare in quanto il suo incarico è sempre basato sulle norme del mandato.
Il passaggio assembleare, pertanto, dovrà ritenersi necessario con riferimento a qualsiasi decisione da prendere in sede conciliativa.
Al fine di velocizzare la procedura, l’Assemblea condominiale potrebbe adottare una delibera che, nel dare incarico all’amministratore a partecipare al procedimento di conciliazione, gli attribuisca contestualmente anche la facoltà di accettare una proposta avente determinati requisiti. Tale soluzione, tuttavia, si rivelerebbe efficace solo laddove la proposta in questione coincidesse esattamente con quanto deciso dall’assemblea; diversamente il ricorso al consesso assembleare diverrebbe inevitabile.
Il D. Lgs. n. 28/2010 fissa in tre mesi il termine di durata massima della mediazione, e che tale termine deve ritenersi applicabile anche alle controversie condominiali,
E’ bene ricordare che la domanda di mediazione impedisce il decorso del termine decadenziale di trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c. per impugnare una delibera condominiale.
Bisogna sottolineare che la mediazione obbligatoria, ai sensi dell’art. 5, D. Lgs. n. 28/2010, non si applichi ai procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione.